L’Internet of Things e l’Internet of Food
Prima di entrare nel vivo con l’Internet of Food (abbreviato in IoF) e con le innovazioni che sta apportando al settore agroalimentare è meglio fare un passo indietro e fare dei cenni sull’Internet of Things (IoT), di cui l’IoF stesso è una declinazione.
L’Internet of Things mette in comunicazione due oggetti tramite il web e le informazioni che esso fornisce. Ciò è possibile perché l’IoT collega gli oggetti in questione grazie a piattaforme web, applicazioni mobile e tecnologie di ultima generazione. L’IoT, grazie alle sue potenzialità, inizia a essere sfruttato anche nelle aziende perché rende possibile il collegamento e coordinamento di due macchine e/o dispositivi, rendendo quindi più rapido ed efficiente il processo produttivo.
Collegare due oggetti tramite la rete e le tecnologie che la utilizzano è quindi un’innovazione di grande portata, presa sempre più in considerazione anche da imprese “tradizionaliste” come quelle italiane. E, fra le imprese italiane che vogliono giovarsene, non possono mancare quelle del settore enogastronomico, al punto che negli ultimi anni si parla di IoF (il già menzionato Internet of Food, l'”internet delle cose” impiegato nella filiera produttiva alimentare).
Internet of Food: gli ambiti di utilizzo
Di IoF si parla dal 2015, anno in cui all’evento “Seeds & Chips” si sono prospettati scenari avveniristici per le imprese operanti nel food. Ai tempi si parlava di blockchain per la tracciabilità dei generi alimentari, di droni che facilitano la rotazione delle colture tramite sensori, di stampanti 3D per monitorare lo status e la qualità dei prodotti. Cosa è cambiato quattro anni dopo? Quali sono gli ambiti della produzione e distribuzione alimentare in cui l’IoF viene attualmente impiegato?
Nel prossimo paragrafo ecco alcune delle innovazioni che l’IoF sta portando alla filiera produttiva alimentare.
La Blockchain per la tracciabilità alimentare
La blockchain è un sistema che permette la circolazione di informazioni in una rete ristretta di utenti, imputati a convalidarle. In questa rete di condivisione delle informazioni non esiste un computer “centrale” che ne ha il monopolio, ma esse circolano in modo completo ed equo fra tutti gli utenti. Questo tuttavia non le rende meno “sicure” in quanto esse circolano fra gli utenti della rete in modo criptato, ossia con un numero identificativo che gli utenti possono visualizzare da ogni dispositivo. Il fatto che tali informazioni siano criptate impedisce che terze parti possano “rubarle” o manipolarle.
La blockchain, sistema impiegato per la circolazione di criptovalute, viene oggi sfruttato anche per la tracciabilità dei generi alimentari nel loro percorso dall’azienda al consumatore finale. Avere informazioni sulla provenienza e composizione dei prodotti alimentari è un’esigenza sempre più sentita dai consumatori. Questo per ragioni di sicurezza ma anche per un’attenzione crescente dei clienti verso i prodotti genuini, senza additivi chimici.
Oggi tracciare i generi alimentari è possibile grazie a un sistema di chip ed etichette. Essi, applicati su ogni prodotto, permettono di monitorarli da ogni device (smartphone, tablet e pc) e in ogni fase di produzione e distribuzione. Questo permette, in caso di alterazione del prodotto finale, di risalire alla fase della produzione in cui esso è insorto. Inoltre permette di verificare che le certificazioni di qualità dei propri alimenti siano veritiere e confermate dalle operazioni di tracciamento della blockchain.
Una maggior tracciabilità e attendibilità delle informazioni della blockchain avrà naturalmente ricadute positive anche sul marketing. Più informazioni si avranno più si potrà trasmettere all’utente che si è migliori rispetto alla concorrenza. Questo sarà l’inizio di un rapporto privilegiato che tramuterà gli utenti in consumatori di fiducia dell’azienda.
Le Vertical Farms per ridurre la fame nel mondo
Per risolvere l’emergenza della fame nel mondo, problema che potrebbe addirittura esplodere nel 2050, bisogna produrre sempre più cibo anche in condizioni ambientali non proprio “ortodosse”. Questo sarà possibile grazie alle Vertical Farms, serre che si potranno ricreare anche sui tetti degli edifici di grandi metropoli (da qui l’aggettivo “vertical”). Questo permetterà ai coltivatori del futuro di ovviare a ostacoli quali l’esaurimento delle acque e delle superfici coltivabili causa sviluppo edilizio e delle colture intensive.
Ciò sarà possibile perché le Vertical Farms sono idroponiche (con coltivazioni che richiedono acqua senza suolo) o acquaponiche (che sfruttano vasche d’acqua piene di pesci i cui escrementi concimano le colture). Esse inoltre si avvalgono di chip e sensori interconnessi per ottimizzare i processi di coltivazione. Dei sensori saranno per esempio in grado di indicare quanta acqua irrigare a una determinata pianta. Un ulteriore punto di forza delle Vertical Farms è l’automazione, ossia il fatto che questi processi non richiedano di fatto manodopera umana. Questo abbatterà drasticamente i costi del lavoro.