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Opinion leaders, influencers e webstars

Opinion leaders, influencers e webstars

Il fenomeno degli influencers sembra al picco e, anche se il mercato non ha ancora raggiunto la maturità, sembra attraversare una fase di ebrezza in cui le aziende si muovono in modo confusionario e scomposto e gli influencers, o supposti tali, vendono i loro servizi a caro prezzo senza garanzie e basi solide. È quindi necessario fare chiarezza e mettere dei paletti per evitare alle aziende non solo di sprecare tempo, soldi ed opportunità, ma anche di creare danni di immagine che nel tempo svalorizzano il brand.

Chi è un Influencer

Iniziamo col definire cosa dovrebbe essere un influencer e come nasce questa figura. Ricordo quando 10 anni fa consigliavo alle aziende più “illuminate e coraggiose” di includere gli influencers nelle loro strategie di marketing per dare maggiore credibilità alla loro comunicazione.

La comunicazione commerciale, per costituzione, soffre sempre di problemi di fiducia (“come faccio a fidarmi di chi vuole vendermi qualcosa?”) ed ogni tattica o strumento che può dare al cliente la percezione di una comunicazione disinteressata e verace è considerato come un Santo Graal del marketing.

L’influencer infatti nasce proprio per questo: per dare alla comunicazione commerciale la credibilità e genuinità della vita reale. Questo dovrebbe essere il vantaggio competitivo messo sul tavolo dall’influencers marketing rispetto ad altre tattiche.

Per spiegarmi meglio dobbiamo definire due figure comunemente usate dal marketing: opinion leader e testimonial.

Il testimonial solitamente è un personaggio famoso senza alcun reale legame con il prodotto che sponsorizza, a parte l’assegno che ha incassato per pubblicizzarlo. Negli ultimi anni molti di questi personaggi famosi sono quelli definiti webstars ossia persone con un ampio seguito sui diversi social network.

L’opinion leader invece è un’esperto di settore, conosce bene quello di cui parla e per questo motivo gode di una maggiore credibilità. Di solito non può contare su milioni di followers, ma chi lo segue si affida ai suoi consigli e pareri. L’influencer nasce come un’emanazione dell’opinion leader nell’ambiente dei social network.

Ascolta il podcast

I rischi dell’ influencers marketing

Molte aziende, guidate da un approccio al marketing di vecchio stampo, tendono a confondere le due figure rischiando di sprecare budget pubblicitario in campagne poco efficaci.

Diventa quindi estremamente importante saper riconoscere i veri influencers da chi si spaccia per tale sfruttando l’alto numero di followers e fans (di dubbia provenienza). Uno studio recente dell’università di Baltimora ha calcolato che nel 2019 le aziende hanno perso 1,3 mld di dollari investendo in finti influencers.

Quanto accaduto alla webstar e “influencer” di Instagram Arii, è emblematico: nonostante i suoi 2,6 mln di followers Arii non è riuscita a vendere 36 delle magliette disegnate da lei. Qual è allora la sua capacità di influenzare il target? Secondo voi quanto è giusto spendere in pubblicità per vendere 36 magliette?

Cosa devono fare le aziende

Attenzione, quello che abbiamo detto non significa che bisogna evitare l’influencers marketing, ma che dovete farlo nel modo giusto. Conoscendo le dinamiche e le trappole del mercato, e con una strategia precisa.
Basate le vostre decisioni sulle conversioni e non sulle vanity metrics e fatevi aiutare da esperti di marketing per scegliere l’influencer giusto per la vostra campagna e la vostra strategia di business.

Un vero influencer, come dice la parola stessa, dovrebbe essere in grado di influenzare i comportamenti di acquisto del target, e di dimostrarlo.

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